Non sempre la nascita di un bambino porta la gioia
che hai sempre sognato, a volte capita di dover sospirare e pregare
Dio che ci lasci quel piccolo dono. Siamo i genitori di un eroe, di
uno scricciolo, che ha dovuto lottare per esserci. Tutto questo avveniva
sotto i nostri occhi, impotenti e disarmati, muniti di una sola forza
" la preghiera".Era un giorno come tanti altri, quando decisi
di fare un test di gravidanza, a causa di un ritardo mestruale. Sbalordita
mi accorgo di aspettare un bambino; sono sconvolta non pensavo che potesse
capitare a me.
Dopo un mese passato più o meno serenamente emergono i primi
problemi. Il primo novembre 2002 mi accorgo di avere delle tracce di
sangue "perdo sangue" disperatamente grido, mio marito accorre
attonito cercando di consolarmi. Da quel momento inizia il lungo calvario,
vengo ricoverata per cinque giorni presso l'ospedale di Sciacca (Ag),
dove rilevano un grave distacco della placenta "se voglio questo
bambino non mi devo più alzare dal letto.
Trascorsi due mesi a casa in assoluto riposo, sicuramente i più
belli, anche se non li ho mai apprezzati .Il primo febbraio mi reco
a Palermo per una ecografia morfologica di controllo, rimandata tante
volte a causa delle mie precarie condizioni. Quel giorno io e mio marito
eravamo molto rilassati, pensavamo che il peggio fosse passato. Entrati
in clinica ci rallegravamo al pensiero che al più presto saremmo
stati felici, sognavamo il fiocco, la culla, il primo vagito... eppure
non è stato così!
Fattami entrare da sola, durante l'esame mi accorgo che il clima gioviale
delle due dottoresse si è come per incanto interrotto, sono uscite
e andate in un altra stanza a consultarsi, io nel frattempo non sapendo
cosa fare mi sono alzata e rivestita. Al ritorno della ginecologa in
stanza vengo dalla stessa informata di un problema alle membrane con
conseguente perdita di liquido amniotico (in parole povere avevo spezzato
le acque), iniziai a piangere come una disperata, mio marito mi vide
arrivare su una sedia a rotelle, stravolto impallidì. Il medico
gli spiegò l'accaduto, la situazione era tragica, rischiavo di
partorire da un momento all'altro, ero solo alla 21° settimana e
il bambino pesava appena 350 grammi. Venni subito ricoverata, immobilizzata
a letto e furono applicate due flebo che successivamente diventeranno
tre che scorrevano ventiquattrore su ventiquattro nelle mie vene impedendomi
l'uso del braccio. Dopo diciassette giorni di cure le mie condizioni
peggiorarono e viene disposto il trasferimento in un ospedale con terapia
intensiva neonatale, il parto era sempre più vicino, il bambino
non cresceva, eravamo disperati...
La mattina del 17 febbraio l'ho passata a piangere, verso le 11 arriva
l'ambulanza che mi ha trasportata all' Istituto Materno Infantile di
Palermo, durante il tragitto io e mia madre abbiamo pianto tutto il
tempo, l'infermiere che mi stava accanto per consolarci disse: "
Non vi preoccupate all' Imi sono bravi, mia moglie ha partorito lì".
Appena arrivati in ospedale il medico che mi visitò non sapeva
che dirmi, mi disse solo: "Dobbiamo prendere tempo".
Sono stata ricoverata in una stanza con cinque letti e bambini appena
nati. Nessuno ha avuto rispetto per me e il mio dolore, psicologicamente
ero distrutta, in quella stanza tutti sorridevano, durante l'ora delle
visite hanno pure brindato per l'arrivo dei bambini. Non capiranno mai
quello che ho provato, trovarsi a dover sorridere quando vorresti solo
piangere. Dover per forza condividere la gioia degli altri quando nel
tuo cuore c'è solo disperazione. Perchè si dà tanto
spazio alla burocrazia e non ai sentimenti? Io non potevo avere una
stanza in ginecologia, malgrado la mia condizione anomala, dovevo fare
i miei bisogni a letto davanti a tutti, dovevo sopportare lo storcere
del naso quando andavo di corpo. Dovevo vergognarmi di me stessa, questo
mi hanno obbligato a fare, quando invece ero solo una povera malata.
Malgrado tutto ciò cercavo di reagire e combattere anche se le
probabilità che mio figlio sopravvivesse erano esigue.
La mattina del 12 marzo mi sono svegliata piena di sangue, subito hanno
fatto una ecografia, i medici non sapevano che fare, io pensavo che
fosse l'ora, ero pronta ad affrontare tutto invece non fu così...
Da quel giorno peggiorai, le perdite aumentavano e non solo, erano maleodoranti
e verdastre. Si decide di farmi partorire, viene programmato il tutto
per la mattina del 24 marzo.
Alle 9.50 nasce Matteo Giuseppe, il mio piccolo eroe, il vero protagonista
di questa storia. Tanti sono stati i momenti in cui abbiamo creduto
di perderlo, ma lui è riemerso, con la sua tenacia e voglia di
esserci. Ci ha sempre stupiti e nello stesso tempo dato tanto coraggio.
Matteo nasce alla ventinovesima settimana di gestazione, pesa 1,100
kg con indice di Apgar I 5 V 8 post intubazione. Alla nascita a causa
dello stress respiratorio viene intubato e posto in ventilazione assistita.
E' costretto a sopportare quell'odioso tubo, al quale lui stesso si
ribellava ma che nello stesso tempo gli permetteva di vivere. Ricordo
ancora la prima volta in cui lo vidi, sembrava un Cristo, intubato e
con tanti fili attaccati. Ho sentito tanta colpa perchè non sono
stata in grado, come tutte le altre mamme, di arrivare a fine gestazione.
Piangevo e lo chiamavo, il bambivo reagiva alla mia voce, non credevo
a quello che vedevo, non tolleravo che lui soffrisse per colpa mia.
Stimolati i polmoni con una dose di surfattante senza successo e grandissima
preoccupazione da parte nostra, nei giorni successivi viene sottoposto
di nuovo alla stessa terapia. I medici ci comunicano che se non dovesse
reagire alla terza dose non c'è più nulla da sperare.
Abbiamo pregato tutta la notte e la mattina senza coraggio, chiamiamo
l'ospedale ed increduli accogliamo la notizia: "Ha
reagito, però non è detta l'ultima parola". Non so
descrivere a parole quello che abbiamo provato, il bambino che credevamo
di non avere più, c'era....
Mi sono rammaricata per aver pensato il peggio, Matteo ha lottato ed
ha vinto una delle sue tante battaglie. Il 6 aprile viene estubato e
sottoposto a nasocannula, non vi dico la gioia, abbiamo festeggiato,
ma non è ancora finita...
Successivamente viene riscontrata una forte anemia che porta dapprima
ad una trasfusione e poi ad un indebolimento fisico con conseguente
intubazione. Tutto ciò accadeva in un giorno di passione, il
venerdì santo.
Quanto abbiamo pianto, fino a tarda sera chiamavamo i medici con la
speranza che fosse estubato al più presto, e invece non fu così.
Siamo tornati indietro, forse peggio di prima. Il 19 aprile ci annunciano
un peggioramento e parlano di una cronicità della broncodisplasia
e di un eventuale terapia alternativa con numerosi rischi.
Dopo qualche giorno, in concomitanza con la visita della nostra amica
Donatella presso la chiesa di San Giuseppe Moscati a Napoli, e la sua
fervente preghiera, abbiamo gridato al miracolo! Matteo migliora!!!
Questo grazie al medico santo che ci ha assistiti per tutta la gravidanza
(per questo accanto a Matteo abbiamo aggiunto il nome Giuseppe).
Il
23 aprile alle ore 12 il bimbo viene estubato, da lì ci avviamo
velocemente verso la fine del tunnel. Progredisce meravigliosamente,
cresce al ritmo frenetico di circa 50 grammi al giorno. Il 30 aprile
viene trasferito in post intensiva, noi increduli accogliamo la notizia.
Il 4 maggio si realizza un sogno, inizia la marsupioterapia, lo prendo
in braccio per la prima volta, avevo paura, Matteo piange, nessuno mai
lo aveva preso in braccio per accarezzarlo, tutte le volte che veniva
toccato era per l'ennesima "tortura". Dopo qualche minuto
il bambino smette di piangere, si accorge che è piacevole stare
con me, assapora le mie coccole, si rende conto di avere una mamma,
o meglio di aver ritrovato quella mamma che non l'ha più potuto
tenere in grembo. Matteo mi sorride, non mi porta rancore, il medico
sbalordito decide di far entrare il papà che è emozionatissimo
nel vedere la scena.
Successivamente verrà tolta la flebo parentelale e quindi alimentato
con solo latte. Il traguardo è vicino, contiamo i giorni che
ci separano dalle dimissioni. Ciò ci rende molto nervosi e poco
tolleranti nei confronti del
personale infermieristico, spesso poco professionale. Al raggiungimento
dei kg 2,200 Matteo viene dimesso, è il 28 maggio, giorno indimenticabile,
compleanno di mia madre e mese della Madonna.
Da quel momento non ci siamo mai più lasciati, viviamo in eterna
simbiosi, cercando di colmare il tempo che ha trascorso da solo in ospedale.
" Scusa amore mio, non sono stata brava! Prometto che mi farò
perdonare". Spesso ripeto queste parole a mio figlio, lui ascolta
e sorride, mi guarda con i suoi occhioni "speciali" sono sicura
che mi capisce.
Oggi Matteo ha trascorso felicemente il Natale 2003, pesa kg 7,400 ed
è un bambino sano come tutti gli altri. Come conseguenza della
sua brutta avventura è solo rimasta un ernia inguinale dovuta
alla prematurità. Molti ci dicono che dopo si dimentica tutto,
ma noi non ci riusciamo, scriviamo questa storia con gli occhi lucidi
e tenendo fra le braccia il nostro piccolo tesoro, per accendere un
barlume di speranza nel cuore di altri genitori che stanno vivendo i
giorni terribili che per noi sono superati. Lo sentiamo come un dovere
verso chi sta soffrendo per il proprio piccolo, e vogliamo offrire il
nostro aiuto e conforto.