Si decide di avere un bambino, soprattutto il primo, un po così,
senza sapere bene quello che significa, ma con tanta voglia di dare.
Così ero rimasta in cinta del mio primo figlio, quante fantasie
che mi ero fatta, quanta voglia di abbracciarlo, quanta curiosità!
Ho sempre adorato tanto i bambini, e mentre aspettavo Davide ho scritto
una favola, parlava di un bambino figlio di panettieri molto poveri
che essendo nato piccolo, molto piccolo, veniva tenuto in una grande
forma di pane appena sfornato, così calda e umida come la pancia
della mamma
. Mai profezia fu più azzeccata!
Intorno al 5 mese mi si alza la pressione, proviamo la terapia per limitare
i danni ma alla 29 settimana, dopo 2 giorni di ricovero e dopo una flussimetria
si decise di tirare fuori Davide; il commento del medico
che me la fece fu lì dentro la situazione fa schifo!
Mio dio! Stava parlando di me, della mia pancia, di mio figlio!! Insomma
un po storditi io e mio marito ci chiudemmo nella stanza della
clinica ci abbracciammo e iniziammo a piangere. Non sapevamo proprio
nulla di quello che ci sarebbe accaduto, nessuno ci aveva avvertito
sui rischi di un parto prematuro, soprattutto per il bambino. I parenti
erano ignari; stavano arrivando in visita perché era la fine
della giornata. Dissi a mio marito di non voler vedere nessuno, di spiegare
a tutti in due parole quello che sarebbe successo di li a breve, e di
non farli avvicinare.. sapevo che se avessi guardato gli occhi anche
solo di uno di loro sarei crollata! Quelle poche forze che ero riuscita
a racimolare servivano a me e al mio bambino. Mio marito decise di assistere
al parto: sarebbe stato un cesareo fatto con lepidurale. Il ginecologo
ci disse che cera la possibilità di utilizzare un farmaco
surfactante da acquistare privatamente (essendo una clinica
privata non ne avevano) era molto costoso, ma decidemmo ovviamente di
prenderlo. Aspettammo larrivo del farmaco ed il ritorno dellanestesista
di fiducia che era quasi arrivato a casa dopo la fine del suo turno.
Il personale della terapia intensiva dellospedale Bambin Gesù
era stato allertato. Insomma entrai nella sala operatoria, ricordo benissimo
cera il personale della clinica, lassistente del mio ginecologo
e alle mie spalle lequipe dellambulanza, la cicogna,
con la culletta termica in attesa di portare via Davide dopo avergli
prestato il primo soccorso. Il peso di Davide era stimato intorno agli
800 grammi. Arrivò per ultimo il mio ginecologo, si diedero il
via! con lassistente (non cera molto tempo da
perdere, il bambino era molto sotto peso) e neanche in un minuto nacque
mio figlio. Non potevo vedere, sentivo solo i commenti. Mio marito:
Mio dio come è piccolo! E tutto rosso! e il
ginecologo: E più piccolo del previsto! E guarda la placenta
è infartuata! Pesiamolo! Davide pesava 600 grammi. In quei
momenti concitati e confusi io riuscii solo a dire a mio marito Ma
è sano? proprio non capivo, ero proiettata nel mondo che
mi ero immaginata. Poi ancora non so chi disse lo facciamo vedere
alla madre? e qualcuno rispose NO! Non cè tempo!
Sentivo solo i rumori di voci concitate, i passi frettolosi che portavano
via mio figlio.. Mio Figlio! Era nato mio figlio e io piangevo. Da qui
in poi i miei ricordi si arricchiscono dei racconti dei parenti intanto
in attesa dietro la porta della sala operatoria. Videro uscire una culletta
termica di corsa, con medici e infermieri al seguito, non videro nulla,
solo una grande pompa manuale per la ventilazione. Lambulanza
era nel giardino della clinica, percorse in silenzio i vialetti, ma
appena fuori attaccò la sirena e sfrecciò via!.
Mi portarono fori dalla sala operatoria e li crollai. Per tutto il corridoio
che mi avrebbe riportato nella stanza tenni stretta la mano di mio marito,
anche lui in lacrime e continuavo a ripetere: Ho fatto un casino
ho fatto un casino!... Nulla era come me lo ero immaginato! Mio
marito chiese se poteva andare a trovare Davide alla terapia intensiva,
corse prima a casa a prendere la videocamera e poi alla TIN. Rimasi
sola, con i parenti, ma non sapevo proprio cosa pensare
non sapevo se essere contenta perché era nato mio figlio o disperata
perché già lo stavo perdendo. Mio marito torno più
tardi con le riprese: vidi un ammasso di tubi accaniti su di un corpicino
livido.. chiesi ma come sta? Sta bene? Mio marito si, si sta bene. Cosa
poteva dirmi? Lo ringrazio per essersi preso tutto su di lui quel gravissimo
peso dellinizio: stava o non stava nascendo una famiglia? Così
fu ogni giorno, ogni giorno potevo vederlo in televisione. Era grave,
sapevo comunque che dopo due giorni era stato stubato, e questo era
un grande successo! Respirava da solo! Io intanto non riuscivo a rimettermi,
la ferita mi faceva male e non riuscivo a camminare. Mi avevano messo
nel reparto giusto, maternita, ma nellultima stanzetta in
fondo al corridoio, dove non potevo fare vita sociale, altrimenti avrei
visto pance, mamme felici andare a vedere i propri figli oltre il vetro
e sentirsi appagate di aver fatto bene il loro mestiere. Questo comunque
non me lo sono risparmiato visto che dopo qualche giorno DOVEVO camminare.
Un giorno il medico entrò nella mia stanza e disse: signora,
si deve preparare, deve andare a trovare suo figlio! Mio dio, mi sembrava
unimpresa veramente ardua! Insomma mi vestii a fatica ed andai.
Mio marito era già stato li e quindi mi introdusse in quel mondo
ovattato: ecco, qui ti devi lavare le mani, ora mettiti il camice
e i copriscarpe Vidi dalla seconda porta della TIN una incubatrice
con dentro una piccola bambina di colore. Mi vergogno a dirlo ma pensai:
che razza di posto è questo, un laboratorio per esperimenti!??
mi sembrava una cavia
.. mi sono avvicinata di più ed ho
capito che era un bambino mio dio anche il mio sarebbe stato
così? Mio marito mi indicò la sua culletta
E così è iniziata la nostra avventura
Un bambino nato prematuramente non ha niente di quello che ci si è
aspettato
improvvisamente tutto si interrompe, e quelle fantasie
che avevi fatto su di lui non trovano riscontro. E' una esperienza così
lacerante che niente è come prima. E il mio primo figlio,
quindi non sapevo nulla, immaginavo e basta.
ma non mi rendevo
conto, non mi potevo immaginare! Solo chi cè passato sa
di cosa parlo. Siamo stati capovolti in un mondo assurdo, un mondo a
parte, dove nessuno al di fuori ci capiva, neanche la nostre famiglie.
Loro hanno potuto vederlo solo dopo 2 mesi, quando lo trasferirono in
un reparto dove le finestre davano su un terrazzino. Insomma il primo
giorno che lo vidi fu strano, tutto era strano. Mi resi conto che entravo
in un mondo assurdo, senza tempo
Aveva la pelle liscia, trasparente,
come quella di un geco, e sembrava tanto fragile, era fragile! Lo avevano
già stubato, e portava le nasocannule. Una infermiera mi vide
in difficoltà, con il cuore a mille e gli occhi gonfi, e mi disse:
metti pure le mani dentro, ha bisogno di sentirti
Avevo paura,
era piccolissimo, scuro e indifeso, invaso e violentato nel suo corpicino
lo stavano salvando ma io riuscivo solo a sentire lo strazio di non
poterlo più proteggere dentro di me. Dolorante rimasi in piedi
tutto il tempo e mi accorsi che appena misi la mano dentro lincubatrice
per accarezzarlo e parlargli i suoi battiti aumentarono. Allora mi riconosceva,
allora tutto non era perduto! Insomma furono giorni durissimi tra infezioni,
distress respiratori, operazioni, rianimazioni, bradichardie il cuore
che andava in fibrillazione
.Davide era sempre gravissimo, nonostante
respirasse da solo mi dicevano di vivere alla mezza giornata.
Per lungo tempo ho cercato di non affezionarmi troppo a quellesserino
dentro lincubatrice, a non dargli troppo spazio nei miei pensieri,
perchè se non ce lavesse fatta sarei morta insieme a lui.
I lunghi giorni in terapia intensiva sono stati duri, molto duri, Davide
ha rischiato piu di una volta di andarsene, la prima notte lo hanno
battezzato (con un altro nome!), come una sorta di estrema unzione dico
io, perche veramente nonostante ce la stesse mettendo tutta, proprio
non ce la faceva. Davide ha dovuto fare i conti con tante, tantissime
emergenze, non ultima quella di non avermi al suo fianco. Mi ero data
una mia spiegazione alla causa di tutto questo: era come se avessi avuto
una crisi di rigetto! Roba da pazzi, il mio corpo lo aveva cacciato
via prima del tempo! Come era possibile, quel bambino tanto desiderato!
Io ero terrorizzata ogni volta che mi recavo alla TIN non sapevo cosa
avrei trovato. Questa sensazione mi è rimasta per tutti i primi
mesi che Davide ha frequentato il nido, avevo langoscia di entrare
per riprendermelo, mi immaginavo che qualche cosa potesse essere successo
in mia assenza, ed ero preparata al peggio. Insomma non è stato
facile inventarsi un rapporto in queste condizioni. Lo adoravo, ero
pronta a sacrificare qualsiasi cosa per lui, ma non lo avevo con me!
Lunica cosa della quale ero padrona era il mio latte. Potevo tirarmelo
ogni giorno, piu di una volta, e portarglielo. Non si è mai attaccato
al mio seno, era troppo debole. E rimasto in reparto per quasi
quattro mesi. Fuori cera la vita normale quella vita che ormai
non mi apparteneva più e che non mi capiva. Ho odiato in parte
lospedale, paradossalmente. Lospedale stava facendo del
tutto per salvarlo io lo odiavo!
Lho odiato durante la degenza e dopo, cosi come ho odiato tutti
gli specialisti che nei mesi successivi lo hanno seguito. Lospedale
gli aveva salvato la vita, si, ma si era messo fin dallinizio
tra me e Davide, tutto passava attraverso di lui: Lui decideva quante
ore potevo stare, Lui decideva quando era il momento di prenderlo in
braccio, Lui gli faceva il bagnetto, Lui gli faceva del male
e
io non cero. Se Davide la notte aveva bisogno di me io non cero.
Lui poi era muto. Le informazioni su mio figlio venivano con il contagocce:
ho saputo di momenti drammatici soltanto alle dimissioni, leggendo le
oltre 100 pagine della cartella clinica. Per tutta la degenza ho pregato
che si abituasse ad avere bisogno di me proprio quando ero li, io cercavo
di fare lo stesso, ma di lui non ero certa che ci riuscisse, anzi, era
praticamente impossibile!
E poi alla fine ce lha fatta. Ce lha fatta nel senso che
e uscito dallospedale, non era piu in pericolo di vita,
ma ora toccava a me, ora dovevo svolgere il mio compito e tirare fuori
tutto il mio istinto materno
ma dove era? Ero impreparata, spaventata,
dallidea di avere a casa un esserino di 1.900 grammi, senza monitoraggi
(in ospedale era costantemente attaccato al monitor che controllava
il respiro, il cuore e le pressione), senza consigli. Il suo cervello
stava ancora sviluppandosi e il mio compito era quello di farlo crescere
in un ambiente sano, contrastando fortemente quello dellospedale.
Io ero a pezzi da quella esperienza, ma comunque felice finalmente di
poter iniziare a fare la mamma normale, felice di poter ricominciare
da dove ero stata interrotta. Avevo lasciato la camera di Davide cosi
come era, con la vernice ancora stappata che stavo utilizzando per dipingere
gli orsetti sui muri. Non me ne ero neanche accorta, in quasi quattro
mesi non mi ero posta minimamente il problema di andare a chiudere quel
vasetto, in realta mi ero resa conto che non ero mai piu entrata
in quella cameretta. Il primo giorno che Davide e tornato a casa
ho fatto mettere il fiocco azzurro alla porta, ho potuto filmare il
suo ingresso nella sua vera casa, la nostra. Avevo una disperata voglia
di normalita di riprendermi la mia vita.
Negli mesi successivi, e poi negli anni, ad ogni visita specialistica
vedevo messa in piazza la mia educazione, il mio amore per lui. Mi facevano
domande, mi chiedevano come giocavo con lui, se frequentava altri bambini
o meno, insomma volevano sapere in che ambiente stesse crescendo un
bambino nato cosi a rischio, se era sufficientemente stimolante. Tra
me e lui cera sempre qualcuno. Mi sembrava di avere un bambino
in affido, per il benessere del quale dovevo rispondere ad altri, non
alla mia coscienza. Insomma abbiamo dovuto costruire a fatica questo
rapporto. Dire che mi sentivo inadeguata è dir poco!
Tutto sembrava essere diventato meccanico, mi comportavo con lui a volte
come una infermiera a volte come una terapista
Ad un certo punto
ho detto basta! Voglio fare la mamma! Riprendermi questo bambino che
aveva sofferto tanto quanto me, dargli tutto il tempo di cui aveva bisogno,
e se gli altri non capivano, pazienza! Gli altri non capivano nulla
di me e di lui, della fatica per farlo mangiare, farlo camminare, farlo
parlare
avevo timore di andare al parco giochi con lui per dovermi
confrontare, spiegare
.
Ora dovevo fare i conti con me stessa, dovevo mettermi alla prova. E
io ancora scossa da questa esperienza dovevo cercare di prendere le
cose che venivano con filosofia per il bene di Davide, ma
non è stato facile. Mi arrabbiavo moltissimo quando lui non mangiava
e vomitata ad ogni pasto: tutto lamore andava in fumo, anzi in
vomito! Le pappe che gli preparavo con tanta devozione finivano sempre
o addosso a lui o sul pavimento. E ogni giorno era cosi, per anni! Il
rifiuto del cibo per le mamme e come un rifiuto nei loro confronti.
Poi sotto consiglio della Psicologa che lo aveva seguito dalla nascita
iscrivemmo Davide a 18 mesi al nido, perche gli avrebbe
fatto bene. Io interpretai quella richiesta oltre che come un
ordine anche come un bisogno di allontanare Davide da me, mamma troppo
apprensiva e ansiosa. Lo portammo poi ad un centro di Neuropsichiatria
infantile, perché ancora non camminava. Li gli facevano terapia
neuro-psicomotoria, in una stanza piccola, con me presente in piedi,
con la terapista con un istinto materno sotto le scarpe, ed una volta
pure con una platea di 5 o 6 specializzandi in camice bianco che prendevano
appunti.
Per tutti i primi due anni di Davide mi sono sentita
mamma di un bambino disabile: non abile un po in tutto, e con lassenza
totale di rassicurazioni da parte dei medici che non sapevano cosa sarebbe
stato di lui
Ero sfinita.
Insomma andando avanti con gli anni ho letto molto, mi sono documentata
e ho imparato tante, tante cose, soprattutto che il rapporto madre-figlio
e fondamentale che si instauri fin dai primi momenti della nascita,
e cibo per il cervello. Il sistema nervoso cresce con gli stimoli
giusti, il bambino ha bisogno di creare un imprinting con la madre per
poter scaricare su di lei ansie, paure ed essere contenuto e soddisfatto
nei propri bisogni. Ecco dove nasce il mio senso di colpa perche purtroppo
per noi allinizio non e stato cosi. Io non lho neanche
visto quando è nato e per lungo tempo non lho neanche sentito.
Ho ancora vivissimo il ricordo di lui tra le mie mani, dentro lincubatrice
che piange, ma non lo sento, non sento il suo debole pianto di disappunto,
di fastidio, di dolore.. tutto era attutito dal ronzio della culletta
e tutto era ovattato dal plexiglass!!
Negli ultimi anni tante cose sono cambiate, e si cerca di dare molta
più importanza alla relazione madre-bambino, per recuperare quello
"strappo" che cè stato.
Ora Davide ha 7 anni, sta bene è un bambino come tutti, dolcissimo
e "già grande". Ha bisogno di un po più
di tempo e di fiducia, cosa che ho imparato a dargli incondizionatamente
per accrescere la sua autostima. Ora sta seguendo una terapia psicologica
per colmare quel "buco" di emozioni che appartiene solo a
noi due.
ESTRATTO DALLA CARTELLA CLINICA DAVIDE
Davide nasce il 9 febbraio 1996 con taglio cesareo alla 29° settimana
di gestazione. La gestosi è la causa di una insufficienza placentare,
per cui il peso alla nascita è di
(in sala operatoria risulta
di 600 grammi mentre allarrivo al reparto TIN di 670 gr). Raggiungerà
i 550 grammi con il calo fisiologico.
Viene trasportato allospedale pediatrico Bambino Gesù,
dove vi trascorrerà 107 giorni.
Lindice di Apgar alla nascita è 1:5 5:8,
la lunghezza 33 cm. E giunto al reparto di terapia intensiva neonatale
in condizioni gravissime.
La cute presentava cianosi grave, generalizzata e intensa. Ha effettuato
terapia con surfactante in sala parto. Presentava ipotonia ed iperattività
grave. Penetrazione allaria estremamente ridotta con assenza di
escursioni toraciche. Toni cardiaci lontani, frequenza polso 70/80.
Bradicardia. Distress respiratorio.
Durante la degenza ha subito pneumatorace bilaterale e presentava enfisema
sottocutaneo. E stato ventilato meccanicamente con ventilatore
Drager per 2 giorni. Ha effettuato nutrizione parenterale interrotta
dopo 9giorni per iperglicemia, trattata con insulina. Dopo di che ha
iniziato gradatamente lassunzione di latte materno.
Acidosi metabolica durante tutta la permanenza in reparto. Dopo circa
2 mesi il suo peso aveva raggiunto solo 1030 grammi. Si decide di alternare
qualche pasto con latte artificiale. E sorta sepsi staffilococcica
trattata con antibiotici. A causa di una acuta anemia ha subito 9 trasfusioni.
Sempre durante la degenza è stato operato di ernia inguinale
bilaterale (in anestesia caudale). Ho effettuato fin da quando è
stato possibile, la marsupio terapia.
E stato dimesso il 25 maggio con un peso di 1930 grammi. Lunghezza
46. Circonferenza cranica 33,5 c.
Agnese, mamma
di Davide.
aggiornato
il 23 novembre 2003