Storia di LAPO – 35 settimane – Alla nascita peso 1.990
gr.
Per caso sono capitata in questo sito e devo dirvi che un senso di angoscia
mi pervade da ieri. Malgrado la mia storia si sia conclusa positivamente,
al di là di ogni aspettativa, leggere quanto mi sarebbe potuto
accadere mi ha provocato sensazioni che non definirei proprio positive…
Comunque, la mia storia comincia il 21/01/05 quando faccio il test di
gravidanza in casa al 28° giorno del ciclo. Benché fosse
così presto, sapevo che sarebbe stato positivo: ho sempre avuto
un ciclo regolarissimo di 26 giorni, quindi ero certa di essere incinta.
Devo fare una premessa importante: sono ipocondriaca all’inverosimile
quindi, anche se la gravidanza è stata voluta ardentemente, l’idea
di affrontare quei nove mesi rappresentava per me il PANICO allo stato
puro. Ma tant’è si dice, quando ci sei dentro….Ed infatti così
è stato, tutto sommato stava proprio bene, nessuna nausea, mai
una perdita, niente che potesse presagire una gravidanza difficile.
Ovviamente, essendo io una fifona tremenda, eseguivo alla lettera tutto
ciò che mi veniva detto dal medico: la storia del peso per esempio,
il ginecologo mi diceva di stare attenta a non prendere troppi chili
poiché avevo già raggiunto il massimo del mio peso di
sempre quando sono rimasta incinta (otto mesi prima avevo smesso di
fumare….): 73 kg. per 1,71 cm. Ed io, attenendomi a quanto sopra, alla
fine della gravidanza avevo preso solo 4,5 kg!
Come vi dicevo, la gravidanza va avanti bene fino alla morfologica;
nel frattempo tutto ok, al 4° mese vedono che è un maschietto
(da noi desiderato) ed io continuo a stare benone. Si arriva così
alla 21-22ema settimana quando, appunto alla morfologica, mi dicono
che la circonferenza addominale, e solo quella, è un pelo inferiore
alla norma. Tutto ciò aggiungendo di non preoccuparmi, che era
solo magrolino ecc. Mi fissano un controllo ecografico intermedio alla
28ema settimana, assicurandomi però che non c’era assolutamente
nullo di preoccupante. Ed io, forte di questa convinzione, proseguivo
placidamente la mia gravidanza. Tutto sommato gli ormoni in circolo
mi facevano anche stare più calma del solito (sono una tipa molto
agitata ed ansiosa…).
Arriviamo così al 19 luglio, 28ema settimana, in cui comincia
a materializzarsi l’ombra dell’incubo che mi attenderà. Faccio
l’eco di controllo e mi confermano che il bambino è piccolo e
che il mio flusso ombelicale addominale non è ottimale. Il mio
ginecologo comincia ad agitarsi e mi prescrive astensione dal lavoro
ed aspirinetta più assunzione di molte proteine. Dopo il primo
giorno di panico, tutto sommato mi metto tranquilla, pronta a godermi
le ultime settimane di gravidanza senza lo stress del lavoro. Gli esami
del sangue e delle urine nel frattempo erano a posto, e questo contribuiva
a rasserenarmi (da buona ipocondriaca sono infatti una specialista nelle
lettura dei valori quindi…).
Il 9 agosto vado a fare l’eco della 32ema e da lì scoppia il
finimondo: il ginecologo che mi fa l’eco comincia a dirmi che questo
bambino non cresce e che quindi devono subito ricoverarmi al fine di
effettuare la terapia di Bentelan (per sviluppare il più possibile
i polmoni del bambino) in vista di un parto molto prossimo. Io sprofondo
in un’angoscia tremenda: 32 settimane e la mia gravidanza è già
finita! L’indomani mi ricoverano e cominciano a farmi di tutto (io non
ero mai stata ricoverata prima, ed anche solo l’idea della flebo mi
faceva svenire…): Bentelan, flebo di Buscopan per bloccare le eventuali
contrazioni provocate dal cortisone, monitoraggi continui, esami del
sangue e delle urine alla ricerca di un possibile inizio di gestosi…
Non viene fuori nulla, solo questo ritardo di crescita causata dal flusso
addominale che non adempie correttamente ai suoi doveri. Il 14 agosto
vengo dimessa con un’eco già fissata per il 17. Tre giorni a
casa in cui penso di tutto, ed intanto guadagno qualche giorno…. Il
mercoledì vado in ospedale per il controllo e finalmente trovo
anche il mio ginecologo rientrato dalle ferie. Appena vede la mia eco,
corruccia la fronte e con la Dott.ssa che mi sta facendo l’esame dice
che non va bene, che bisogna intervenire e che mi mandano di volata
a Pavia. Io abito a Voghera, l’idea che mi spedissero a Pavia mi faceva
quasi più paura di tutto il resto (forse per il senso di abbandono,
o forse perché ormai sapevo che avrei partorito di lì
a poco…). Così a casa, psicologicamente distrutta, a fare su
due stracci e via a Pavia. Arrivo verso le 18 e il reparto di Ostetrica
del San Matteo mi sembra la cosa più triste del mondo. In realtà
se facessi un altro figlio non esiterei a ritornare lì….
Ricoverata alle sei di sera, cominciano a farmi tutti gli esami del
mondo che non rivelano nulla, il battito del bimbo è buono e
quindi si aspetta l’eco dell’indomani. Quel giorno ho pianto talmente
tanto da sanguinare dal naso: appena l’ho detto all’infermiera mi sono
ritrovata intorno 6 medici che verificavano che non avessi avuto un’impennata
della pressione….
Ricoverata per 2 giorni a Pavia, vengo dimessa con la sola prescrizione
di bere tanto e stare riposo. Dopo una settimana, per l’esattezza venerdì
26 agosto 2005, ritorno a Pavia per il day hospital già con la
mia valigetta perché ormai ero pronta a tutto. Mentre il dottore
mi fa l’eco, la mia mente vaga; ad un certo punto mi dice: “sì
è cresciuto questo bimbo” (si vede che aveva misurato il femore
o la circonferenza cranica), ma dopo neanche 1 minuto: “no, non è
cresciuto, bisogna tirarlo fuori. Da questo momento in poi è
tutto un susseguirsi di agitazione, confusione e panico per me e per
mio marito. Dopo neanche mezz’ora sono già in sala pre-operatoria
per la preparazione del cesareo. Io ero morta di paura per me ma soprattutto
per il bambino, anche se mi dicevano che ormai lui sarebbe stato meglio
fuori che dentro (anche perché terminavo quel giorno la 35ema
settimana e a quel punto la prematurità era proprio lieve…).
Durante il cesareo, avendo fatto l’anestesia spinale, non sentivo nulla,
né riuscivo a capire cosa dicessero i medici. L’unica frase che
ho colto è stata quando i medici affermavano che la mia placenta
era bella (forse perché, a causa del problema di flussi, si aspettavano
una placenta “brutta”). Nel momento stesso in cui il mio Lapo (sì,
l’ho chiamato così il mio bimbetto) è venuto al mondo
mi aspettavo piangesse; così non è stato, e per me si
sono aperte le porte dell’inferno (per quanto ne sapevo io era morto).
Nel mentre che mi ricucivano, Lapo veniva incubato perché non
respirava autonomamente, ed io l’ho solo intravisto prima che lo portassero
in Patologia Neonatale. Quella giornata è trascorsa tra lo stordimento
generale e l’ansia di avere notizie del pupo. Mio marito faceva la spola
con i parenti in visita tra l’Ostetricia e la Neonatologia; ovviamente
Lapo era in incubatrice in terapia intensiva a causa della mancata respirazione
autonoma al momento della nascita. Le notizie che mi arrivavano sembravano
confortanti, ma vi devo dire la verità: io non credevo ad una
sola parola. DOVEVO VEDERLO CON I MIEI OCCHI. Sabato è passato
tra i dolori lancinanti del post-cesareo e la preoccupazione per il
bimbo. Finalmente domenica mattina, durante il giro di visite, il pediatra
mi ha detto che sì, Lapo stava benone e non c’era una situazione
preoccupante in corso. E’ stato solo allora che mi sono rilassata, pronta
ad andare finalmente a vedere il mio bimbo nel pomeriggio. Quando sono
arrivata nel reparto è stato come schiantarmi contro un muro:
Lapo, con il suo peso di 1.990 gr. ed i suoi 46 cm di lunghezza era
un gigante. Ma com’è possibile che bimbi così piccoli
debbano nascere? E’ stato tutto così traumatizzante. Una madre
si aspetta di gioire la prima volta che vede suo figlio: io mi sono
sentita morire. Lapo era attaccato a vari tubi e monitors ed era uno
scricciolo. Ma in quei giorni, purtroppo ancora per poco però,
sembrava che in fondo tutto fosse finito per il meglio: malgrado il
grande spavento Lapo era nato, stava benino (APGAR 1’ 7, 5’ 8), si era
subito stubato da solo accidentalmente ed aveva cominciato a respirare
da solo. Insomma, tutto era bene quel che finiva bene. Il martedì
sono stata dimessa e abbiamo cominciato la spola quotidiana Voghera-Pavia
per andare da Lapo. Due giorni relativamente tranquilli sono trascorsi
fino al venerdì 2 settembre, giorno del mio quinto anniversario
di nozze e prima settimana di vita di Lapo: al mattino chiamo la neonatologia
perché volevo parlare con la Dott.ssa (peraltro meravigliosa)
che seguiva Lapo (che nel frattempo era passato al reparto di sub-intensiva,
cosa splendida). Nel momento in cui mi risponde ho un sinistro presagio:
lei subito mi dice che mi stava chiamando perché Lapo non stava
bene, aveva la febbre dal giorno prima e lei pensava di fargli subito
una lombare per escludere la meningite. In quel momento, più
intensamente che mai, ho pensato fosse finito tutto, che quello sarebbe
stato il tragico epilogo della mia sfortunata gravidanza. Non riuscivo
a parlare e neanche a connettere. Nel pomeriggio siamo arrivati a Pavia
con la morte nel cuore, la Dott.ssa non si sbilanciava, aveva fatto
la lombare e bisognava aspettare i risultati l’indomani. Il sabato i
risultati non c’erano ancora, ma la cosa lasciava ben sperare poiché
dopo 6 ore la positività alla meningite pare si lasci già
intravedere…Nel frattempo Lapo sembrava reagire bene alla Vancomicina
e la domenica era quasi sfebbrato. Il risultato delle analisi non è
stato esaltante ma neanche nefasto, nel senso che si trattava d’infezione
da stafilococco aureo, quindi una cosa seria ma non tremenda come la
meningite (mio spauracchio da sempre peraltro!). Le conseguenze del
batterio su Lapo sono state l’insorgere di un’artrite settica bilaterale
alle anche. La Dott.ssa continuava a dirmi che Lapo non era in pericolo
di vita e che avrebbe potuto condurre una vita normale, e per me questo
è stato fondamentale. Nelle 4 settimane successive Lapo è
stato sottoposto ad una massiccia terapia antibiotica, e finalmente
il 1° ottobre abbiamo potuto portarlo a casa. La notte prima dall’emozione
non riuscivo a dormire, e vi posso garantire che il crollo psicologico
l’ho avuto nel momento stesso in cui in macchina, tornando da Pavia,
con finalmente il mio bimbo, lessi la sua cartella clinica. Quante torture
(a fin di bene ovvio) aveva dovuto subire il mio bimbo. Io, che avevo
fatto la mia prima flebo a 32 anni per far maturare i polmoni di mio
figlio, mano a mano che leggevo quel che LUI aveva passato mi sentivo
morire. Inoltre, c’era l’incognita delle conseguenze che lo stafilococco
potevano avere avuto su di lui: un follow-up ortopedico da seguire per
anni con il rischio di un’operazione per l’allungamento degli arti…
Insomma, come primo impatto con la maternità non era cosa da
poco.
Quando è stato dimesso Lapo era 2780 gr. e mi dicevano mangiasse
senza problemi. A casa l’ora della pappa è stata fin dall’inizio
una tragedia. Il mio mostro mangiava il minimo indispensabile per la
sopravvivenza. Quindi non vi dico la tribolazione e la mia disperazione.
Questo fino ai 5 mesi, quando introducendo altre cose da mangiare è
diventato di bocca buona. Ma, proprio quando pensi che i problemi siano
risolti, ecco la complicazione: Lapo mangiava sì, ma vomitava
quasi ogni giorno (a volte anche due volte al dì). E siamo andati
avanti così per un anno (fino a gennaio 2007 quando ormai eravamo
pronti a fargli la gastroscopia); la cosa strana è che dopo aver
vomitato ricominciava tranquillamente a mangiare. Per questo la mia
pediatra non si è mai allarmata. L’unico problema era che il
peso era sempre basso (secondo me), ma la crescita costante (secondo
la pediatra).
Siamo cos’ arrivati ai 25 mesi di Lapo: nel frattempo ci sono stati
i regolari controlli in Patologia Neonatale, ma soprattutto dall’Ortopedico
che ci ha rassicurati sull’assenza di danni permanenti a livello degli
arti (l’ultimo controllo è stato esaltante: prossima visita tra
due anni!!!), 2 giorni di febbre (sì è tosto il mio Lapo,
toccando ferro ovviamente), tanti raffreddori senza conseguenze e tanta
angoscia da parte mia.
Lapo è sveglio ed intelligente, ha camminato tardi (18 mesi)
e anche nel parlare siamo indietro (dice 4 o 5 parole), ma per questo
non mi preoccupo; se però una sera non mangia vado ancora in
crisi. Per me il suo peso è fondamentale: è 12,3 kg. per
94 cm, quindi sembra anche più magro di quel che è perché
è alto, ma io quando sale sulla bilancia trattengo ancora il
fiato adesso.
Tante sono le considerazioni che mi affollano la mente in merito a tutta
questa vicenda:
1) Ancora oggi, dopo aver fatto analisi del sangue specifiche, non ho
ancora capito (e nemmeno il mio ginecologo) cosa sia accaduto durante
la gravidanza. La diagnosi di IUGR (ritardo di crescita intrauterina)
non trova motivazione e vi dirò che non è neanche molto
approfondita come tematica (anche perché di solito è la
conseguenza di un’altra patologia, nel mio caso invece non si spiega)
2) Al San Matteo di Pavia hanno sicuramente salvato il mio bimbo ma
è anche vero che si è subito beccato il potente batterio
presumibilmente quando l’hanno incubato alla nascita. Ciò non
toglie che sarò sempre grata a quelle persone meravigliose che
ci hanno seguito in quei 35 giorni ed anche dopo;
3) Quello che ho visto in quel reparto mi ha cambiato la vita: niente
sarà più come prima. Mio figlio in fondo è stato
fortunato, ma perché tanti altri bimbi non lo sono stati? Come
si può credere in un DIO che permette certe sofferenze? Io, mi
scuso con chiunque sia credente, ho perso quel poco di fede che avevo
nel settembre del 2005 nel Reparto di Rianimazione della Patologia Neonatale
del Policlinico San Matteo;
4) Ho sempre sognato di avere 2 o 3 figli: è evidente che mai
ce la farei ad affrontare un’alta gravidanza. Avrei troppa paura di
rivivere lo stesso problema, o anche cose molto peggiori (malgrado sia
sempre stata un’appassionata di medicina, fortunatamente molti rischi
della gravidanza non li conoscevo, altrimenti sarei impazzita…).
5) La cosa che più mi rattrista è sapere che ci sono donne
fortunate che vivono il momento della gravidanza e del parto come un
sogno meraviglioso, mentre altre sono costrette a patire le pene dell’inferno;
io, come vi dicevo, in fondo sono stata ancora fortunata: Lapo è
bello e sano e non ha avuto conseguenze malgrado quello che ha passato,
io personalmente ho patito solo all’indomani del cesareo com’era giusto
che fosse, per il resto un fiore (a parte la depressione post-partum
ovviamente, ma quello è un altro discorso), ma il mio pensiero
è sempre per quelli che non ce l’hanno fatta, o per quelli che
ce la fanno a dei prezzi altissimi. Tutti questi genitori sappiano che
da qualche parte, nella zona di Voghera, c’è qualcuno che pensa
a loro e soffre con loro.
Vittoria
pubblicata
il 21 gennaio 2008