Mamme e papà pretermine: benvenuti sulle montagne russe!
Il travaglio pretermine può iniziare in modo repentino e del
tutto inaspettato, a causa per esempio della rottura del sacco amniotico
o di contrazioni inarrestabili, o arrivare al termine di lunghe settimane
di riposo assoluto e farmaci per scongiurare l’evento; in entrambi i
casi, è sempre un evento fortemente traumatico che altera in
modo profondo quello che dovrebbe essere l’inizio del rapporto genitori-figlio.
Fin dal primo test di gravidanza iniziano i sogni e le aspettative sul
futuro da genitori, ci si immagina col proprio piccolo in braccio mentre
lo si allatta, i parenti festanti in visita con fiori e regali, un quadro
di serenità in cui non sono contemplati problemi particolari.
Il parto prematuro, soprattutto se avviene nelle epoche più precoci,
sconvolge queste aspettative costringendo i genitori a confrontarsi
con una realtà molto differente.
La nascita può avvenire con un cesareo, il neonato viene immediatamente
allontanato per essere sottoposto alle cure urgenti e solo il padre
può seguire il suo viaggio verso il reparto di neonatologia.
Avviene in questo momento il primo strappo, con la violenta cessazione
del rapporto simbiotico che ha unito madre e bambino per 5/6/7 mesi:
non ci sono sguardi teneri e abbracci, spesso passano alcuni giorni
prima che la madre possa vedere per la prima volta il suo bambino.
Solitamente i genitori sono del tutto inconsapevoli di quanto li attende,
i reparti di neonatologia non sono particolarmente conosciuti e nell’immaginario
collettivo il pretermine è solo un bimbo un po’ più piccolo
del normale.
La prima visita al neonato può essere molto difficile: ci si
trova a contemplare il proprio figlio in incubatrice, pieno di tubi,
sensori e strani fili. Il suo aspetto è diverso da quello a lungo
immaginato e solito: i piccoli prematuri sono neonati in miniatura,
molto magri, senza le guanciotte e la ciccia che caratterizza i nati
a termine; hanno mani dalle dita lunghe e sottili, la testa più
grande del corpo, un colorito spesso acceso. A volte per i genitori
l’incontro può risultare traumatico, fino ad allora si erano
sempre immaginati un neonato paffutello da prendere in braccio e ora
possono solo accarezzare dall’oblò dell’incubatrice un bimbo
che per sopravvivere necessita di una forte medicalizzazione.
Le emozioni di solito si succedono incessantemente e si aggrovigliano:
la sensazione di irrealtà per un evento così inaspettato,
il senso di straniamento, quasi stia succedendo ad altri, la rabbia
e le domande incessanti “perché proprio a noi?”, “cosa succederà
adesso?”, “ce la farà mio figlio a sopravvivere?”. Ci vogliono
di solito alcuni giorni per scrollarsi di dosso la sensazione di star
vivendo in un incubo e realizzare che non ci sarà nessun risveglio
a cambiare la situazione.
Le prime due settimane di vita del neonato sono solitamente le più
critiche, i medici non possono fare previsione per il futuro, soprattutto
nel caso di nascite gravemente premature, mentre i genitori vorrebbero
solo sentirsi dire che li attende una lunga degenza ma che alla fine
tutto andrà bene. Subentrano nuove emozioni, il senso di impotenza
di fronte ad una situazione in cui l’unica via percorribile è
l’attesa, il lacerante senso di colpa per non essere stati in grado
di proteggere il proprio figlio portando a termine la gravidanza. Razionalmente
le madri si rendono conto di non aver danneggiato volontariamente il
figlio, ma a livello irrazionale spesso devono fare i conti con la sensazione
di non aver fatto abbastanza per scongiurare l’evento e un senso di
rivolta verso il proprio corpo. Può diventare penosa la vista
di altre donne incinta o neonati.
Anche il padre è sottoposto a grosse tensioni: le sue preoccupazioni
sono spesso indirizzate su due fronti, il figlio in neonatologia e la
compagna ricoverata in ostetricia, in caso di gestosi o altre patologie
magari anche lei bisognosa di cure mediche. Può scattare un forte
senso di responsabilità e la negazione dei propri sentimenti
per sostenere il resto della famiglia.
I sentimenti dei genitori sono strettamente dipendenti dalle condizioni
cliniche dei figli; l’iter dei gravi pretermine è di solito fatto
di due passi avanti e uno indietro, lenti miglioramenti alternati a
rovinose cadute. Il lavoro a cui è sottoposto il corpo di un
neonato pretermine è molto complesso, i suoi organi interni sono
ancora immaturi e l’adattamento precoce alla vita extrauterina è
ricco di pericoli. Solitamente sotto le 28 settimane i bimbi necessitano
di assistenza respiratoria e vengono intubati, nelle epoche più
estreme (24-26 settimane) sono frequenti piccole emorragie cerebrali
o dilatazione dei ventricoli cerebrali, che fortunatamente nella maggior
parte dei casi tendono a rientrare nei primi mesi di vita. Possono esserci
difficoltà digestive nell’adattamento ad una alimentazione con
latte, problemi agli occhi per lo sviluppo incompleto della retina,
forte rischio di infezioni, apnee e bradicardie. La vita di un neonato
pretermine nato sotto il chilo non è certo facile, e una situazione
di stabilità rappresenta una enorme conquista.
Per molti genitori l’iter verso la dimissione è impervio, caratterizzato
da uno stato continuo di forte stress a causa del susseguirsi di complicazioni;
per altri la degenza è fortunatamente più tranquilla,
soprattutto oltre le 30 settimane di gestazione il neonato è
meno esposto ai problemi tipici della prematurità e si tratta
semplicemente di accompagnarlo nella crescita per qualche settimana
e vederlo raggiungere il peso e l’autonomia necessari per poter lasciare
l’ospedale.
Un vissuto comune a molti è la sensazione di essere “genitori
part-time”: all’interno del reparto si è spesso conosciuti come
“i genitori di…” e la famiglia è unita, mentre fuori, nella vita
quotidiana, non ci sono quasi tracce di quel figlio nato ma non ancora
presente nella routine di tutti i giorni. Tutto è vissuto in
sua funzione, ma materialmente lui non c’è.
Un altro capitolo problematico possono essere le relazioni con parenti
e amici. Non potendo entrare in reparto, spesso queste persone non riescono
a rendersi veramente conto delle reali condizioni del bambino e delle
pressioni a cui sono sottoposti i genitori. Anche per loro è
molto forte il senso di impotenza e spesso cercano di dare conforto
minimizzando i problemi.
Quando la situazione clinica del bambino raggiunge la stabilità
e ci si incammina verso la dimissione solitamente anche lo stress a
cui sono sottoposti i genitori migliora; non mancano le eccezioni, perché
può capire che con il cessare della situazione di emergenza i
genitori, non più preoccupati per la vita del figlio o per eventuali
disabilità, si trovino ad affrontare tutte le forti emozioni
che hanno represso fino a quel momento.
Consigli per i genitori
I primi giorni dopo un parto prematuro sono sicuramente difficili, ma
potete già fare varie cose per il vostro piccolo e per voi.
-Innanzi tutto ricordatevi che il benessere del vostro piccolo passa
attraverso di voi, quindi per potergli garantire la migliore assistenza
è necessario che siate in forze e non vi trascuriate troppo.
-Fate solo quello che vi fa stare meglio (o meno peggio). Avete bisogno
di ogni energia, almeno nel periodo di maggiore insicurezza non pretendete
troppo da voi stessi. Fatevi aiutare nel disbrigo delle faccende secondarie
senza farvi troppi problemi.
-Cercate di stabilire un rapporto costante con il personale dl reparto
e chiedete spiegazioni su ogni vostro dubbio, anche quelli che possono
sembrarvi sciocchi. E’ molto importante che abbiate un quadro chiaro
della situazione, di solito si tende a rimuginare sui dubbi ingigantendo
ogni particolare poco chiaro.
Se ve la sentite tenete un piccolo diario su cui segnare ogni giorno
qualcosa di positivo, spesso nei primi giorni o settimane si tende a
vedere solo ciò che non va.
-Iniziate a prendervi cura il prima possibile del vostro piccolo. Anche
se è in incubatrice potete accarezzarlo e fargli sentire la vostra
voce, che conosce già. Cercate di iniziare al più presto
la marsupio-terapia. Attraverso la vicinanza potete iniziare a conoscere
vostro figlio, scoprire che anche così piccolo ha già
le sue preferenze, un proprio temperamento. Quando possibile, non abbiate
timore di prenderlo in braccio, cambiarlo, dargli da mangiare: i prematuri
sembrano piccoli e fragili, ma non si rompono! Contribuire al suo accudimento
vi aiuterà a ristabilire il legame bruscamente interrotto col
parto e recuperare una parte di “normalità”.
-Se lo stress diventa difficilmente gestibile non abbiate paura di chiedere
aiuto: in molti reparti è prevista la figura della psicologa
che vi aiuterà ad elaborare una strategia per poter affrontare
le inevitabili difficoltà.
-Cercate di non chiudervi troppo in voi stessi, se lo desiderate potete
parlare con gli altri genitori presenti in reparto o partecipare ai
gruppi di auto-aiuto offerti in alcune neonatologie, con la presenza
di genitori con figli nati pretermine e ormai cresciuti.
(scritto da Stefania Carnevali,
mamma di Emmanuele e Francesco)
Alcuni genitori sentono che conoscere i sentimenti che può suscitare
una nascita prematura li aiuterà ad affrontarli; spesso queste sensazioni
sono confuse e distruttive.Le prime reazioni sono:
Shock: la sensazione di essere storditi. La
nostra mente è completamente occupata dai problemi che riguardano le
immediate conseguenze della nascita pretermine. Come cambierà la mia
vita? Che influenza avrà un parto così anticipato sulla vita di mio
figlio? Sopravviverà? Durante questo stadio è spesso difficile pensare
chiaramente o ricordare cosa c’è stato detto.
Negazione: non si vuole credere che tutto ciò
stia accadendo. Si spera di svegliarsi da un brutto sogno, che tutto
scomparirà e andrà per il meglio. Vedere il bambino, veder scritto il
suo nome, toccarlo, aiuta a rendere la situazione più credibile.
Lutto, paura e tristezza: la perdita del bambino
perfetto che ogni genitore sogna, dell’esperienza di una nascita idealizzata,
i festeggiamenti, portare il bimbo a casa con sé. Ci si sente tristi
per noi e per quanto sta accadendo. Tristezza per il nostro bambino,
paura che possa morire o non essere normale.
Rabbia e senso di colpa: rabbia perché il nostro
bambino è malato. Perché proprio a noi? Cosa abbiamo fatto di male?
Sorge spontaneo il senso di colpa e d’inadeguatezza per non essere riusciti
a portare a termine la gravidanza. Ovviamente nessuna madre ha voluto
fare del male al proprio bambino, e non avrebbe potuto fare nulla per
evitare la nascita pretermine. Visto che non si può essere arrabbiati
con il proprio figlio, si è soliti dirigere la propria rabbia verso
il coniuge, gli amici, i parenti o i medici.
Shock e negazione si risolvono prima degli altri sentimenti,
mentre rabbia e sensi di colpa sono più persistenti. Successivamente
i genitori cercano un nuovo equilibrio e iniziano a riorganizzarsi.
Accettato il fatto che non c’è stato un travaglio e un parto normale,
ci si può ora concentrare sul bambino.
- Rinuncia al lutto anticipato e della paura della morte: questo avviene
gradualmente, man mano che il bambino cresce e il suo quadro clinico
migliora.
- Comprendere il proprio bambino implica adattare le aspettative su
ciò che il bimbo può fare. Ci si concentra maggiormente sugli aspetti
normali, sui problemi medici.
- Aumenta l’interazione con il bambino, si viene coinvolti cure di tutti
i giorni, come cambiare il pannolino, nutrire o prendere in braccio
il piccolo.
L’elaborazione e il superamento di queste emozioni
possono richiedere un percorso molto lungo. Spesso durante questo periodo
i genitori si impegnano in gruppi di supporto o associazioni.
Alcune cose possono aiutare i genitori:
- Conoscere i sentimenti suscitati da una nascita prematura, per comprendere
che le proprie reazioni sono normali.
- Parlare con qualcuno. Molti genitori entrano in gruppi di supporto
e si offrono per parlare ai nuovi genitori con problemi simili. Condividendo
le proprie esperienze sperano di rendere più semplice ad altri lo stesso
percorso. Molti genitori trovano utile il contatto con chi ha già vissuto
la stessa esperienza.
- Cercare informazioni riguardo alla prematurità e i problemi del bambino.
Fare molte domande e cercare di capire quanto più possibile riguardo
al proprio figlio.
- Partecipare alla cura del neonato quanto prima possibile.
- Prendersi cura di se stessi.
(le informazioni riportate sono
tratte dal sito della Wisconsin University)